Ieri, il Santo Padre è atterrato a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, che con i suoi 15 milioni di abitanti è uno dei più grandi agglomerati urbani del Continente. Ha avuto così inizio la sua visita in Africa, che proseguirà poi in Sud Sudan.

Nel primo discorso ufficiale, Papa Francesco ha lanciato il suo grido di denuncia: «Giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare».

Si è presentato come «pellegrino di riconciliazione e di pace», per incontrare la gente di «questo Paese immenso e pieno di vita, questo diaframma d’Africa, colpito dalla violenza come da un pugno nella stomaco, sembra da tempo senza respiro».

Papa Francesco ha sottolineato che «la Repubblica Democratica del Congo continua a patire entro i suoi confini migrazioni forzate e a soffrire terribili forme di sfruttamento, indegne dell’uomo e del creato». Di questo sfruttamento il Papa ha fatto esperienza concreta attraverso i dati, che gli sono stati presentati anche dai giornalisti che lo hanno accompagnato nel suo viaggio, e per mezzo di un frammento di coltan, una lega di minerali che serve ad ottimizzare il consumo della corrente elettrica nei chip di nuovissima generazione. Questo pezzo di coltan gli è stato dato durante il volo che lo portava a Kinshasa dal giornalista della Cope, l’emittente della Conferenza Episcopale spagnola, per evidenziare la schiavitù minorile praticata nelle miniere del Paese dagli interessi globali internazionali.

Francesco ha ricordato che «questo Paese, ampiamente depredato, non riesce a beneficiare a sufficienza delle sue immense risorse: si è giunto al paradosso che i frutti della su terra lo rendono straniero ai suoi abitanti. Il veleno dell’avidità ha reso i suoi diamanti insanguinati»«Si conosca quanto qui accade!» - ha affermato il Papa - «L’Africa sia protagonista del suo destino».

Ha poi incoraggiato a sostenere i processi di pace in corso insieme a chi non manca di contribuire al bene della popolazione locale e a un reale sviluppo attraverso progetti efficaci esprimendo «gratitudine ai Paesi e alle organizzazioni che forniscono aiuti sostanziali in tal senso». E proprio in questo passaggio del discorso del Santo padre si sono sentiti direttamente interpellati i nostri missionari e missionarie salesiani, che insieme a tanti altri, contribuiscono al bene della popolazione del Congo, soprattutto dei più piccoli e più poveri!

Il Papa ha ricordato ancora, che sarebbe stato suo desiderio poter andare a Goma, nell’est del Paese, dove in questo momento c’è un’emergenza umanitaria causata dagli scontri nell’area tra milizie e esercito regolare. Un’emergenza che coinvolge migliaia di persone, uomini, donne, bambini e anziani che stanno fuggendo dalle zone più pericolose della regione per cercare di salvarsi. Centinaia di loro hanno occupato i campi da gioco del Centro giovanile della missione salesiana di Ngangi e si sono accampati realizzando rifugi di fortuna con teli di nylon e arbusti. Altri hanno invaso i campi delle famiglie residenti nella zona adiacente. Tantissime persone alla ricerca di un po’ di pace e sicurezza hanno spontaneamente allestito un vasto campo per sfollati e cercano aiutano. Aiuto immediato per avere cibo, acqua pulita, un modo per lavarsi. La maggior parte sono bambini che non mangiano da giorni.

Purtroppo, la situazione precaria e pericolosa nella zona di Goma non permette di concretizzare il desiderio del Papa di visitare l’area e la popolazione locale, ma oggi stesso Francesco incontrerà le vittime della regione ad est del Paese, bersaglio della guerriglia contro cui combatte l’esercito di Kinshasa.

La visita di Papa Francesco in questo martoriato Paese è un appello alla speranza che non si può rassegnare di fronte alla sofferenza di milioni di persone.

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