Don Filippo Perin, missionario salesiano impegnato a Lare, nella Regione di Gambella in Etiopia, ci scrive aggiornandoci sulla situazione.

 

«Cari amici della Fondazione Opera Don Bosco, come state?

Un saluto da Lare in Etiopia.

Siamo nel mese di gennaio che per noi è dedicato a Don Bosco, il 31 gennaio è la sua festa e per questo motivo mi piace iniziare ricordando una sua frase: “In ogni ragazzo, anche il più disgraziato, vi è un punto accessibile al bene, compito di ogni educatore è trovare quella corda sensibile e farla vibrare.”

Ogni giorno proviamo a far vibrare queste corde, anche se a modo nostro, e proviamo ad essere Don Bosco in Africa.

 

Vi aggiorno con qualche notizia.

La scorsa settimana il nostro Vescovo Roberto Bergamaschi è stato operato in un ospedale di Addis Abeba perché un’arteria vicino al cuore si era chiusa parzialmente. Grazie a Dio, tutto è andato bene, ora si sta riposando nella capitale e speriamo che possa tornare al più presto in buona salute.

La guerra civile in Etiopia sembra avere avuto una svolta qualche settimana fa, quando le forze ribelli del Tigray si sono ritirate dalle regioni che avevano invaso all’interno del Tigray stesso e il governo ha aperto dei passaggi perché gli aiuti umanitari possano raggiungere la regione. Speriamo che questi nuovi passi possano portare all’apertura di negoziati di pace tra il governo e i ribelli, per arrivare alla fine di questa tremenda guerra.

Dopo la celebrazione dei due Natali (cattolico e ortodosso), abbiamo iniziato a visitare tutte le famiglie della nostra parrocchia, tre pomeriggi alla settimana; insieme ad un catechista giriamo fra le capanne del villaggio, ci fermiamo un’oretta per famiglia.

Prima l’accoglienza fuori, i saluti, poi si entra nella capanna attraverso una porta stretta e bassa, si lasciano le ciabatte fuori, io le scarpe, e ci si siede per terra all’interno. Quasi tutti adesso hanno un materasso, dopo il dono fatto lo scorso anno, alcune nuove famiglie invece hanno solo delle stuoie dove dormire, nessuno ha un cuscino o la luce elettrica e per armadio tutti hanno dei fili tirati da una parte all’altra, tanto i vestiti sono pochissimi. Si trova spesso un tavolino dove ci sono delle pentole, qualche tazza, per posate solo cucchiai, qualche centrino colorato sulle pareti basse, poi da un metro in su, è tutta paglia che costituisce il tetto: ecco
le capanne della nostra gente!

Fuori dalla capanna due sassi dove si cucina, due contenitori di plastica per prendere l’acqua al pozzo, una zona per le mucche e le pecore, che in questo periodo vengono portate al fiume, distante 7 km, perché lì c’è l’acqua e dell’erba.

Dopo che ci siamo seduti e salutati, prendo il quaderno con gli appunti della scorsa visita e ripeto i nomi di tutta la famiglia, di solito c’è la mamma con vari figli, o una donna anziana, il papà alle volte c’è, alle volte no; vedo come è la capanna, chiedo un po’ di notizie su come stanno i figli, il marito ... e poi preghiamo insieme con qualche canto e delle preghiere spontanee che a loro piacciono tanto: tutti chiudono gli occhi e abbassano la testa, e infine recitiamo il Padre Nostro alzando le mani al cielo.

Alla fine, consegno loro delle immagini della Sacra famiglia, di Gesù e di Maria da appendere, delle medagliette da portare al collo per i bambini e un rosario. Terminiamo parlando della famiglia, delle difficoltà ma anche di qualche cosa di bello che è successo. Ci salutiamo, usciamo dalla capanna, riprendiamo le ciabatte e le mie scarpe e andiamo da un’altra famiglia.

La visita alle famiglie è una delle esperienze più belle, stringiamo più amicizia, cerco poi di ricordare i loro nomi, mi rendo conto della realtà della vita quotidiana qui a Lare, vengo a conoscenza dei loro problemi reali.

Le richieste poi sono tante: per le loro malattie: non hanno i soldi per andare alla clinica o non ci vogliono andare, tanto danno sempre quelle due medicine, tachipirina e l’antibiotico, e per mandare qualcuno all’ospedale di Gambella devi pagare l’ambulanza, la benzina e l’autista ...

A volte mi presentano richieste per il cibo, soprattutto per chi ha tanti figli e non ha più il marito e soprattutto adesso che c’è la stagione secca. Richieste per la casa: riparare alcune parti della capanna che ogni anno ha bisogno di manutenzione, costruirne un’altra con l’aumentare dei figli, fare un recinto ... Domandano aiuto per i bambini: l’iscrizione al nostro asilo, dove ricevono non solo educazione, ma una bella merenda, l’uniforme, una cartella, i giochi all’aperto, la visione di un cartone animato il venerdì, la giornata dei colori il martedì ...

Ogni settimana, sabato mattina, con il gruppo dei catechisti locali ci incontriamo per vedere tutte queste richieste e come poter fare per risolverne alcune insieme.

In questo mese, abbiamo anche attivato il capo del nostro villaggio e l’assessore all’acqua per realizzare un pozzo a mano per l’acqua nel villaggio di Pilual, vicino alla nostra cappella e alla nostra nuova scuola materna. Speriamo al più presto di avere la possibilità di avere l’acqua potabile per il villaggio e i bambini.

Siamo appena entrati nel periodo più caldo dell’anno, di giorno si raggiungono i 40°, ma di notte, dopo le 2, arriva un venticello fresco: qualche ora di sollievo.

Vi chiedo una preghiera per la pace in Etiopia, per la buona salute del nostro Vescovo, per tutta la nostra gente.

Da qui ricambiamo volentieri per tutti voi.

Grazie!».

 

Abba Filippo

 

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