Missione in Ucraina di alcuni rappresentanti del Coordinamento degli enti salesiani italiani attivi nel settore della solidarietà internazionale
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Michela Vallarino, presidente di VIS - Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, condivide una riflessione dopo la missione in Ucraina.
«Ad una settimana di distanza dal rientro dall'Ucraina, mentre redigo il report di missione per il VIS - Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, riascolto la canzone di Francesco Guccini, Shomèr ma mi-llailah, basata su un verso di Isaia, che Don Luca Barone ci ha fatto sentire la notte in cui siamo scesi nel rifugio per l'ennesimo allarme aereo: "La notte, udite, sta per finire, ma il giorno ancora non è arrivato sembra che il tempo nel suo fluire resti inchiodato. Ma io veglio sempre, perciò insistete, voi lo potete: ridomandate! Tornate ancora se lo volete, non vi stancate! Shomér ma mi-llailah? Sentinella, quanto resta della notte?"
Il report delinea gli "obiettivi raggiunti", grazie anche all'accompagnamento attento e costante di don Mykhaylo Chaban, Superiore della Visitatoria Salesiana dell’Ucraina greco-cattolica, che con i suoi confratelli ci ha riservato un'accoglienza che ci ha fatto sentire "a casa". Sono stati tanti e significativi gli incontri: con lo staff a Leopoli e Kiev, con diversi partner progettuali e rappresentanti delle istituzioni ucraine, italiane e della Santa Sede, con i soggetti destinatari dei progetti della ONG e del Coordinamento degli enti salesiani italiani attivi nel settore della solidarietà internazionale (Fondazione Opera Don Bosco Onlus, Opera Don Bosco nel Mondo, Missioni Don Bosco, Fondazione Don Bosco nel Mondo e VIS).
Sulle note della canzone, quello che riaffiora sono soprattutto i volti delle persone: i volti (sorridenti nei momenti di gioco e compiti, durante la messa) dei bambini della casa famiglia di Leopoli; i volti orgogliosi dei giocatori di amputee football e del loro capitano, che ha perso la gamba al fronte e che, con e per la sua famiglia, cerca nello sport una forma di riabilitazione; i volti dei giovani soldati ritratti nelle centinaia di tombe, affiancate da panchine per coloro che li piangono; i volti "sospesi" delle quasi mille persone che vivono nel campo sfollati di Mariapolis, tra un passato che non esiste più e un futuro a dir poco incerto in cui si fa spazio un difficile presente; i volti motivati dello staff dell'ufficio progetti della Visitatoria salesiana e di VIS, tra cui gli espatriati Fiamma e Luca, che hanno deciso di continuare il loro viaggio insieme dopo il Sud Sudan; infine, i volti pieni di fede e speranza dei partecipanti all'affollata messa domenicale e di molti "operatori di pace", che agiscono nonostante sia difficile parlare di una pace che sembra così lontana. E tra questi volti la mia personale "altalena emotiva", nel tentativo di rimanere in ascolto e sintonizzarmi con le persone alla ricerca della normalità, ricavata tra un allarme e l'altro, in un contrasto continuo che dal bovindo della camera in cui alloggiavo scendeva fino al bunker passando per una luminosa cappella.
Sono tornata con un compito a livello personale e istituzionale: continuare a lavorare a supporto delle persone che vivono nel buio e a non rassegnarsi che esso sia senza fine, vegliare, insistere, ridomandare: "Ma ora capisco il mio non capire, che una risposta non ci sarà, che la risposta sull’avvenire è in una voce che chiederà: Shomèr ma mi-llailah: Sentinella, quanto resta della notte?"».